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Silvia Mira

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“L’uomo si veste prima di agire, di parlare, di camminare, di mangiare: le azioni che appartengono alla moda, il portamento, la conversazione, non sono che le conseguenze della nostra toeletta […].Tutti noi subiamo l’influenza dell’abito” 1. Così Honoré de Balzac nel Trattato della vita elegante faceva parlare Lord Brummel. L’abito conferiva all’individuo prima di tutto uno status, comunicando spesso attraverso determinati segni, la posizione e il ruolo sociale ma era l’abito stesso a modificare il comportamento dell’individuo adeguandolo alle singole occasioni. La scelta dell’abito appropriato non era di per sé bastevole per farsi definire eleganti, l’eleganza infatti dipendeva piuttosto dal modo di indossarlo, ma era già un chiaro segno di buona educazione e di acquisito senso del vivere in società. “Una signora che andasse ad un ballo vestita da visita sarebbe altrettanto ridicola come quella che andasse a fare una visita vestita da ballo. Anche la moda ha le sue leggi, volersene emancipare invece di superiorità mostrerebbe disprezzo per tutte le signore – e sono il più gran numero – che le seguono, ed una che si presentasse in un ritrovo vestita secondo un figurino di dieci anni fa, oltre a mostrare poca delicatezza verso la società dove è ammessa, rivelerebbe una gran smania di farsi rimarcare e perciò sarebbe reputata più vana di quella che suole andare all’ultima moda”

“L’uomo si veste prima di agire, di parlare, di camminare, di mangiare: le azioni che appartengono alla moda, il portamento, la conversazione, non sono che le conseguenze della nostra toeletta […].Tutti noi subiamo l’influenza dell’abito” 1. Così Honoré de Balzac nel Trattato della vita elegante faceva parlare Lord Brummel. L’abito conferiva all’individuo prima di tutto uno status, comunicando spesso attraverso determinati segni, la posizione e il ruolo sociale ma era l’abito stesso a modificare il comportamento dell’individuo adeguandolo alle singole occasioni. La scelta dell’abito appropriato non era di per sé bastevole per farsi definire eleganti, l’eleganza infatti dipendeva piuttosto dal modo di indossarlo, ma era già un chiaro segno di buona educazione e di acquisito senso del vivere in società. “Una signora che andasse ad un ballo vestita da visita sarebbe altrettanto ridicola come quella che andasse a fare una visita vestita da ballo. Anche la moda ha le sue leggi, volersene emancipare invece di superiorità mostrerebbe disprezzo per tutte le signore – e sono il più gran numero – che le seguono, ed una che si presentasse in un ritrovo vestita secondo un figurino di dieci anni fa, oltre a mostrare poca delicatezza verso la società dove è ammessa, rivelerebbe una gran smania di farsi rimarcare e perciò sarebbe reputata più vana di quella che suole andare all’ultima moda”

“ I ritratti femminili di Giacomo Grosso instaurano un dialogo prezioso con la moda , guidandoci attraverso i cambiamenti più significativi che hanno caratterizzato l’eleganza femminile tra l’ultimo quarto dell’Ottocento e gli anni Trenta del secolo successivo. Sul chiudersi del XIX secolo gli abiti iniziano ad abbandonare quelle sottostrutture, come la “tournure”, che mascheravano la fisicità naturale – Figure nella neve e Ritratto di Carola Reduzzi- per avviarsi verso una nuova e altrettanto artificiosa trasformazione: la cosiddetta linea “esse” che vede l’accentuarsi delle curve del seno e dei fianchi e l’assottigliarsi all’estremo del punto vita tramite l’uso di busti molto costrittivi. L’aprirsi a corolla della gonna che si allunga in una breve coda completa l’effetto d’insieme conferendo alla figura l’aspetto di un fiore rovesciato perfettamente in linea con le sinuosità dell’Art Nouveau. Pudiche guimpe e colli sciallati per le delicate “mises” da giorno- Ritratto di Lidia Bass Kuster- si alternano alle generose scollature per la sera –Ritratto di Luisa Chessa- in una scandita sequenza di cambi d’abito, a seconda delle diverse ore del giorno. A partire dal primo decennio del Novecento, sull’onda delle sperimentazioni guidate a Parigi da Paul Poiret e a Venezia da Mariano Fortuny, si assiste ad una semplificazione della linea che perde l’andamento a campana avviandosi verso un processo di verticalizzazione. L’aprirsi del primo conflitto mondiale vede le donne impegnate in attività che fino a quel momento erano state prerogativa maschile. Il radicale cambiamento sociale si riflette inevitabilmente sul modo di vestire che deve rispondere ad esigenze di maggior dinamicità. Gli orli si accorciano, gli accessori si semplificano. Questa tendenza inizialmente coatta, con il chiudersi degli eventi bellici, si stabilizza e diventa l’emblema tangibile della mutata condizione sociale femminile più libera e determinata: trionfa lo stile “garconne”, capelli corti, vita bassa e gonne al ginocchio. L’abito dalla linea scivolata – Ritratto della Signora Clotilde Gallo, 1919- non enfatizza più le curve naturali ma quasi le annulla inventando una nuova sensualità accentuata dalle chiome recise. Sul chiudersi degli Anni Venti in controtendenza rispetto alla linea dritta si afferma in particolare per gli abiti da società e da sera, una foggia caratterizzata dal corpino più aderente, con punto vita naturale o leggermente scivolato e da maggior ampiezza delle gonna– Ritratto femminile, 1929 - che si presenta formata da teli sovrapposti e orlo assimmetrico oppure a balze: si tratta della cosidetta robe de style lanciata da Jeanne Lanvin."
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