“Chi si veste alla
franzese, chi alla
spagnola, chi vol parer
tedesco”: influenze
franco-fiamminghe e
tedesche nel costume tra
1400 e il 1530 nei territori
italiani dell’arco alpino
Silvia Mira
Sul chiudersi del Medioevo i valori cavallereschi e feudali, che ancora esercitavano una immensa fascinazione alle porte del Rinascimento, spinsero i signori dell’epoca a circondarsi di tutto ciò che di più raffinato e prezioso si potesse creare e che fosse in grado di materializzare quel “sogno di una vita più bella” di cui parla Huizinga nel suo Autunno del Medioevo1. Fu allora che le dimore signorili, i castelli ed i palazzi, furono decorati da affreschi, arazzi, dipinti, codici miniati e tessuti sontuosi per ospitare banchetti festosi ed accogliere, meravigliandoli, gli ospiti più illustri.
Una gara all’ostentazione del lusso che, coinvolgendo l’intera Europa, si espresse grandemente nelle vesti, come ci mostrano le testimonianze figurative dell’epoca, nelle quali è riscontrabile una comunanza di gusto e sensibilità tesa a dar vita ad un modello esistenziale squisitamente cortese.
Il XV secolo decreta, per quanto riguarda l’abito ‘aulico’, il gusto per l’impiego sovrabbondante di stoffe che si traduce nella creazione di vesti dal ricco panneggio in grado di conferire una indiscutibile maestosità alla figura, abbandonando gradatamente la linea aderente e succinta della metà del Trecento.
Intorno al 1340 infatti sia assiste al mutamento più significativo del costume medievale che vede, da una parte, la nascita dell’abito corto maschile che per la prima volta rispetto al passato si differenzia nettamente da quello femminile – precedentemente l’uso di lunghe tuniche accomunava ambo i sessi – e, dall’altra, l’affermarsi di una nuova concezione dell’abito protesa ad evidenziare la linea naturale del corpo.